GIORNO DI LUGLIO

“ O tu de’ giovani Padre e Maestro …”
La voce roca di Padre Peri fluttuava per la navata bianca del Collegio fra gli odori di cera e d’incenso spersi nel fresco d’un pomeriggio di luglio.
Ogni tanto si fermava. Per dar cenno a noi mascoli di quarta di provare le strofe e l’ Allegro della frottola, mentre mastro Totò pedalando serafico all’armonium, annuiva compiaciuto.
Come aveva fatto non lo so, Padre Peri a raccogliere una tale ciurma davanti all’altare di San Giovanni Bosco!
E non si riusciva a capire davvero perché Vàrtolo il figlio di Saro, quel pomeriggio non era andato a nidi o per trazzere; come mai Cola non si trovava a quell’ora con i suoi calzoni nuovi a lisciar balate tra le rupi di Santa Maria.
Invece eravamo in chiesa. Anzi c’eravamo tutti tra quelle panche, dietro alle sottane di quel prete tutto nostro a trasognare le storie di Domenico Savio, che acclamammo ben presto sul campo a nostro eroe fors’anche più in alto in valore, al Mazzola Alessandro delle figurine.
L’ascoltammo tutto il tempo, quell’uomo bruno dal naso di guerriero. Col fiato dentro al cuore. Distratti appena da un moscone verdemare che volava sulle grate a corteggiare Suor Rachele, bella come un arcangelo ma sposa soltanto del Signore …
Era l’ultimo giorno dell’ottava, un sabato d’azzurro gravido ancora d’effluvi di ginestra.
E Padre Peri ancora ci narrava, nella penombra assorta del meriggio sgranandoci in rosario parole di miele, belle agli occhi nostri come le favole dei padri al suonare della notte.
“Ed ecco che allora, prima di morire, Don Bosco vide una luce radiosa!... Era l’amato volto di Maria Ausiliatrice che l’accompagnava felice in paradiso ...”
Finì così la sua predica, chinando d’un breve il mento sul petto a pensare.
Restammo tutti immobili, fra stupore e silenzio. Le mani agli occhi a far finta di non piangere, come quando era morto Sansone, al cinema in piazza, l’altra sera.
Ma come, finire così!...Non era giusto!... Il Santo migliore di tutti andarsene per sempre!...
Padre Peri allora ci sorrise, celando il lieve segreto fra i vetri delle sue lenti oscure.
Tranquilli! – ci disse - Don Bosco viveva. Ed era di sicuro in mezzo a noi. Sennò a che serviva fargli la festa domani, con tanto di banda e maschiàte al castello!
Per ultimo si tolse la stola e uscendo nel sagrato ci chiese di seguirlo.
Lo facemmo, come un gregge chiassoso giù per la discesa sino al caffè di donna Santa.
Dentro si sedette ed alzò in su al ginocchio la tonaca per trarre dalla tasca il denaro. E comprò per ciascuno un gelato ascaretto. Il suo tributo, ci disse, al nostr’essere stati così bravi, a provare la Frottola e a sentire la lottrina .
La luce per strada si dissolveva in rosa e sembrava chiamare in sussurro la sera.
Lo salutammo in fretta per tornare a casa. Alzando per l’aria i gelati come stendardi della processione.

A.S., Isnello, Estate 1993